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L'oleodotto non s'ha da fare

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Non è per guardare dall'altra parte eh, è solo che una notizia così mette gioia e dà speranza. E aiuta a continuare a credere nella lotta.
ma che gran bella faccia ha?!


Lo so che non è una notizia fresca di giornata quella della vittoria dei Sioux del Dakota del nord, ma ci tenevo a condividerla, anche con i miei tempi lenti. Anche perchè volevo già scriverne mesi addietro, quando di questa protesta è arrivata l'eco fin qua. In realtà la protesta è iniziata in aprile, quando la compagnia Energy transfer partners decise di costruire il Dakota access pipeline, un oleodotto di quasi 2.000 km che avrebbe attraversato 50 città e quattro Stati per trasportare gas naturale e petrolio alle raffinerie dell'Illinois, passando sotto il fiume Missouri e violando quasi 400 siti archeologici considerati sacri da diverse tribù di Indiani d'America. Sta di fatto che in North Dakota risiede proprio la Standing Rock Sioux tribe, la cui unica fonte di reperimento idrico è appunto il Missouri e il cui capo è Dave Archambault II, a cui la faccenda proprio non è andata giù e che, insieme a un'altra capo tribù, Brave Bull Allard, ha appunto indetto la protesta. Protesta che non ha avuto molto successo nè molta eco mediatica fino a settembre, quando ci sono stati violenti scontri con la polizia e più di 100 arresti di manifestanti.
ragazzi Sioux


D'altronde come si può pensare di mettersi contro una compagnia petrolifera e sperare di vincere? Devi davvero appartenente a una minoranza abituata da secoli a lottare per difendere la propria libertà o anche semplicemente la propria quiete. E quindi i Sioux di Standing Rock, che la resistenza probabilmente ce l'hanno nel sangue, non si sono persi d'animo e hanno convocato tribù che sono arrivate da altri Stati per appoggiare la causa. Neanche gli agricoltori delle zone interessate sono rimasti zitti, visti i danni che l'eventuale passaggio dell'oleodotto arrecherebbe al terreno. E con loro ovviamente anche le associazioni ambientaliste locali. E da settembre, appunto, si era mobilitato anche un discreto numero di cittadini motivati ad appoggiare la causa e partiti per il North Dakota incuranti del freddo e della neve degli ultimi mesi. A questi si sono aggiunte addirittura star dello spettacolo come Susan Sarandon e Shailene Woodley, è stato allestito un campo di tende militari e tapee per accogliere le migliaia di manifestanti e insomma la voce dei Sioux ha iniziato a farsi sentire più forte e ad arrivare alle orecchie di Obama.

Ora è vero che Obama è stato il primo presidente americano a mostrarsi preoccupato per la salute del pianeta e impegnato per quanto possibile nella tutela dell'ambiente, ma mi domando se avrebbe avuto il coraggio di risolverla in questo modo anche se non si fosse trovato a fine mandato. Ma va bene così, non mi piace pensar male, lascio alla coscienza di Obama le sue motivazioni e gioisco per la sua decisione di non autorizzare il passaggio della pipeline nelle terre così strenuamente difese dai Sioux e da tutti i loro sostenitori.
Il problema è che gioisco ma non so fino a quando, visto che il purtroppo neo presidente Trump la pensa un po' diversamente dal suo predecessore su queste faccende e pare abbia già annunciato di rivedere tutta la faccenda.


Probabilmente dunque la lotta non è finita, quella che è stata vinta è solo una battaglia, ma appunto una battaglia è stata vinta e una vittoria del genere può solo insegnare, insegnare che non bisogna mai rinunciare a priori, che i poteri forti sono forti ma non così tanto da non poterli scalfire, che uniti e solidali si vince.

Fonti: www.lifegate.it
www.repubblica.it
indianiamerica.it
immagini tratte dal web


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